Sono da quattro giorni rientrato da un viaggio in Brasile. Penso al soggiorno come cercassi di fare un identikit dello spirito brasiliano. Fra le sue militanze si è sempre parlato della "Saudade" come del suo più tipico sentimento, difficile da coniugare in altra lingua. E mi fermo qui. E' un indefinibile senso di malinconica nostalgia: che cerco di indossare in questi giorni e che forse posso solo immaginare. Perché non mi appartiene fino in fondo visto che sono italiano ma posso comunque farmene un'idea.
Non penso che il medesimo sentimento possa essere percepito ad esempio da un italiano che vive in un altro paese e che soffre la distanza dalla sua patria. Penso che il sentimento che potrei nutrire, da buon italiano lontano da casa, sia molto differente dalla "Saudade". Avrebbe di certo a che fare con la necessità di dover abbandonare l'Italia e per lasciar posto ad altri e perché convinto che si debba andare oltre.
Benvenuti in questo spazio di pensieri spaiati ma affini. Le cose che ci trovate dentro sono tutte, laddove non specificato, opera del tempo che scorre fra me e sulla mia città. State pur comodi, e se vi viene voglia commentate numerosi. Se volete diffondere quello che leggete fatemelo sapere o almeno sentitevi liberi per quel che basta di citarne la fonte. Salve
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venerdì 28 febbraio 2014
martedì 25 febbraio 2014
Volere
"NON POSSUMUS"
(per l'offerta di una carica a Roma)
Lasciami il Duomo Vecchio, e pur lo Novo,
il Popol, e la Loggia, e la Pallata,
il bello e il brutto, i luoghi di ritrovo,
di Brescia mia, sì rozza ma onorata.
Pur, lascia a me il castello coi boschetti
perch'io li goda ognor nel passeggiare,
e ognor i' possa pure discettare
di Brescia, le sue glorie e' suoi difetti;
e lascia ch'io qui viva i miei momenti,
poiché ciò sol mi resta, ed a ragione,
lunge da posizion o emolumenti.
Lascia che in pace sudi il mi' mestiere;
lasciami coi Bresciani e l'ambizione
di non esser Comm, nè Cavaliere.
(di Flaminio Valseriati questa poetica traduzione dell'omonima sonetto
in dialetto bresciano di Angelo Canossi)
(per l'offerta di una carica a Roma)
Lasciami il Duomo Vecchio, e pur lo Novo,
il Popol, e la Loggia, e la Pallata,
il bello e il brutto, i luoghi di ritrovo,
di Brescia mia, sì rozza ma onorata.
Pur, lascia a me il castello coi boschetti
perch'io li goda ognor nel passeggiare,
e ognor i' possa pure discettare
di Brescia, le sue glorie e' suoi difetti;
e lascia ch'io qui viva i miei momenti,
poiché ciò sol mi resta, ed a ragione,
lunge da posizion o emolumenti.
Lascia che in pace sudi il mi' mestiere;
lasciami coi Bresciani e l'ambizione
di non esser Comm, nè Cavaliere.
(di Flaminio Valseriati questa poetica traduzione dell'omonima sonetto
in dialetto bresciano di Angelo Canossi)
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